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1745 Namnetes naris 1746

quis tam impudens est, qui se scire aut posse postulet? Cic.: spesso ancora unito con una particella affermativa, come mehercle, hercle, edepol ed a., chè sicuramente, in verità, Cic. ed a. c) nell’invocazione, quando chi parla vuole assicurare se stesso di rivolgere la sua preghiera alla divinità a cui si conviene, Mercuri, nam te docilis magistro movit Amphion lapides canendo, Hor.

III) per indicare una conseguenza ricavata da una circostanza osservata o da un detto sentito, dunque, ormai, Qui nam si usa per lo più come enclitica e si affigge ad un pronome od avverbio interrogativo, come quisnam, equisnam, chi mai, quandonam, quando mai, ubinam, dove mai? Non di rado il nam è anche separato dal pronome od avverbio interrogativo, quis est nam ludus in undis? Verg. Tuttavia nam si trova, spec. presso i poeti, anche prima dell’interrogativo, principalmente allorquando la domanda deve essere enunciata con meraviglia e con sdegno, nam quem ego adspicio, eh! chi vedo? Plaut.: nam quid ita, oh! come mai? Ter. Più di rado accompagnato con altre partic. interrogative, come num nam nei Comici e in Cic.: nam cur nei Comici.

Namnētes, um, m., Namneti, popolo della Gallia Celtica nei dintorni dell’odierna Nantes.

namquĕ, cong., un nam rafforzato, da cui st distingue solo in questo, che esprime con maggior sicurezza e convinzione il pensiero che spiega o dimostra. Come nam, sta per lo più in principio di proposizione, più di ralo dopo una o più parole, e serve: I) ad introlurre una spiegazione, cioè, prodigium extemplo dedicationem secutum. Namque lapidibus pluit, Liv.: tum Sp. Maelius rem pejore consilio est aggressus. Frumento namque privatā pecunia coëmpto largitiones frumenti facere instituit, Liv.: quindi anche per introdurre una frase incidente che contenga una spiegazione, virgini venienti in forum (ibi namque in tabernis litterarum ludi erant) manum injecit, Liv. II) ad indicare un motivo, una ragione, poichè, perchè, percioccliè, perocchè, chè, itaque cives potiores quam peregrini, propinqui quam alieni; cum his enim amicitiam natura ipsa peperit; sed ea non satis habet firmitatis. Namque hoc praestat amicitia propinquitati, quod ex propinquitate benevolentia tolli potest, ex amicitia non potest, Cic.: Alcibiades ad omnes res aptus consiliique plenus. Namque imperator fuit summus et mari et terrā, Nep.: in una successione logica meno stretta, invero, veramente, per verità, pure, haec eo facilius magnam partem aestatis faciebant, quod nostrae naves tempestatibus detinebantur summaque erat difficultas navigandi. Namque ipsorum naves ad hunc modum factae armataeque erant, Caes. E così per assicurare e affermare, segnatamente spesso: a) in invocazioni, Aeole, namque tibi divom pater atque hominum rex et mulcere dedit fluctus et tollere vento, ti ha pur, Verg. b) in frasi incidenti tra parentest, le quali contengono un’assicurazione, at tu mihi terram inice (namque potes), chè il puoi, Verg. — In Cicerone solo dinanzi a vocali, in altri anche dinanzi a consonanti.

nanciscor, nactus e nanctus sum, nancisci, ottenere, ricevere (partic. per caso, senza fatica e senza intenzione, occasionalmente), trovare, cogliere, I) propr.: anulum, Ter.: morbum, Nep.: febrim, Suet.: spem, Cic.: fidem, diventar degno di fede, avverarsi, Ov. II) trasl.: A) raggiungere, vitis claviculis suis, quicquid est nacta, complectitur, Cic.: silentia ruris, la tranquilla campagna (cioè currendo), Ov. B) ottenere per sua fortuna o per sua disgrazia == trovare, incontrare, per avventura, per caso (per fortuna o sfortuna), cadere in, imbattersi in, aliquem, cujus etc., Cic.: nactus sum, qui Xenophontis similem esse se cuperet, Cic.: nancisci turbidam tempestatem, Caes.: con dopp. acc., alqm otiosum, Cic.: castra intuta, Liv.: naturam maleficam in corpore fingendo, Nep.

Nantŭātes, ĭum, m., popolo celtico delle Alpi, nella regione dell’odierno Vallese.

nānus, i, m. (νάννος e νᾶνος), nano, lat. propr. pumilio, Prop. e Suet.

năpaeus, a, um (ναπαῖος), appartenente alle valli selvose, napaeae nymphae, e sost. sempl. napaeae, napee, ninfe delle valli, dove pascolano greggi, Verg. ed a.

Nār, Nāris, m., fiume con acqua solforosa, il quale nasce dal monte Fiscello, scorre sul confine della Sabina e si unisce al Tevere nell’Umbria; oggi Nera.

Narbo, ōnis, m., compiut. Narbo Martius, e più tardi Narbōna, ae, f., Narbona, città della Gallia che da essa riceve il nome di Narbonese. — Deriv.: Narbōnensis, e, narbonese.

narcissus, i, m. (ωάρκισσος), I) narcisso, narciso, purpureus, bianco con margine rosso, Verg.: sera comans, tardo, serotino, Verg.: narcissi radix, Cels. II) nom. pr., Narcissus, i, m, A) Narcisso, Narciso, figlio di Cefiso e di Liriope; giovane d’insigne bellezza, il quale, veduta la sua propria immagine nel ruscello, s’innamorò di se stesso e per ardente desiderio di sè, morì di languore. Il suo corpo fu mutato nel fiore omonimo. B) ricco e potente liberto dell’imperatore Claudio.

nardus, i, f. e nardum, i, n. (νάρδος), I) nardo, nome che gli antichi davano a parecchie piante odorifere di vario genere, p. es. gallico o celtico (Valeriana Celtica, L.), cretico (Valeriana Italica, Lam.), arabico (probab. Andropogon Schoenanthus, L.), italico (la nostra lavanda, Lavendula Spica, L.), partic. nardo indiano, nardus Indica ovv. spica nardi, dal cui fiore si traeva il prezioso olio di nardo. Quest’ultimo è la Valeriana Jatamansi secondo W. Jones, V. specialm. Plin. 12, 42. II) meton., balsamo di nardo, olio di nardo, acqua di nardo, Hor. ed a. poeti.

nāris, is, f., narice, plur. nares, nari, narici, quindi == naso, quando partic. le narici sono pensate come attive (come nell’odorare, arricciare il naso), I) in gen.: α) sing. suco ab altera nare, quam doleat, infuso, Plin.: poet. == naso, in cava nullus stet tibi nare pilus, Ov. β) plur.: fasciculum ad nares ad-