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che chiamasi contrattazione, ed a norma di questi due sensi si variano le relazioni e le regole conseguenti. Per la qual cosa sorge una seconda distinzione la quale assai più meritava attenzione. Per procedere con un ordine lucido incomincieremo coll’esaminare il passo recato.


III.


A primo tratto noi veggiamo che il sig. Dunoyer non concede che si confonda il commercio col cambio. Più abbasso poi ci parla dell’Industria commerciale. Qui conviene ben intendersi nei termini. Altro è l’industria commerciale ed altro è la funzione plenaria del commercio. Un uomo singolare può esercitare da se solo il trasporto, ma da se solo non può commerciare. Il commercio inchiuderà eternamente come prima idea sua essenziale che uno dia liberamente una cosa e l’altro liberamente la ricambi. Quando non si eseguisca questa funzione non esiste punto commercio. Un tale porta legna e pollame sul mercato cui niuno cerca o vuole; ed egli la riporta a casa: ha forse commerciato? Commercio senza smercio è un assurdo in termini.

Quali sono le conseguenze che ne derivano? La prima che conviene distinguere ma non disgiungere l’industria nel commerciare dalla funzione complessa costituente il commercio. L’industria del mercante forma una condizione ma non tutta l’essenza del commercio. Certamente assumendo la compra e la rivendita in un concetto astratto si può figurare che manchi l’industria mercantile; ma nel senso comune questa viene sempre