sua sia applicabile tanto al commercio di due selvaggi che si incontrano per accidente quanto al commercio di due concittadini conviventi nella miglior vita civile? Ciò posto come mai potremmo noi accoglierla come nozione completa di ordine economico civile, e però come piena norma delle sue dottrine? Che cosa dunque rimane a farsi? Aggiungere le condizioni (dalle quali risulta questo commercio civile) aggiungerle dissi alla nozione generale sopra espressa e formarne una nozione sistematica. Così per esempio converrebbe aggiungere la libertà equa e sicura, come requisito di questo commercio come di qualunque altra funzione economica. Finchè non abbiamo nozioni tassative, cioè definizioni e regole finite, le scienze e le arti valgono poco. Forse il pubblico dovrà aspettare lunga pezza prima di avere la definizione suddetta del commercio; perocchè converrà proceder oltre nella scienza della politica economia, la quale in oggi si trova a mezza strada. Frattanto parmi di aver fatto sentire che non dobbiamo riposare sulle odierne dottrine ma procedere all’integrità sociale della scienza. Ciò che rende sociali le ricchezze si è appunto il commercio. Ora come sarà possibile che esista un commercio veramente sociale senza che venga regolato dalle condizioni indispensabili della socialità? Che se dall’altra parte egli trae la sua forma da queste condizioni, esse perciò stesso costituiranno i caratteri specifici e distintivi di questo civile commercio. In generale poi lo stato economico forma un aspetto della vita delle nazioni agricole e commerciali e però è un fenomeno risultante dall’azione simultanea della posizione sociale e della governativa. Il fatto positivo di questo commercio risulta dunque da quel com