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vece di accrescere sminuir ne potrebbe la gloria.

La Sicilia ciò non ostante non può in silenzio restare sui pregi e sulle virtù di un grand’uomo, che sarà, siccome è stato, il suo ornamento ed onore finchè saranno le scienze tra gli uomini. Solea ella ne’ dì felici medaglie coniare e pubblici giuochi istituire per onorar la memoria de’ suoi, che colle loro invenzioni e nelle scienze e nelle arti a fama eterna l’alzarono. Cadde poi dalla sua grandezza cadendo sotto i Romani, e tra le altre afflizioni ebbe allora a soffrire, che fosse venuto uno straniero a svellere i bronchi e le spine, che il sepolcro ingombravano del nostro Archimede1. Ma se la Sicilia non è oggi quale era una volta ne’ bei giorni del suo splendore, non trovasi certo in quel miserabile stato, in cui preda de’ Proconsoli e de’ Questori oppressa giacea dalla potenza di Roma. Conosce ella al presente quanto lustro le rechi il nome di Archimede, e non sa nè può tollerare, che co’ debiti onori celebrata non sia di quando in quando la memoria di lui.



  1. Cic. Tusc. 1. 5.