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Scorre egli da prima le figure geometriche, e la posizione determina del centro di gravità nel paralellogrammo, nel triangolo, nel trapezio rettilineo, e sopra d’ogni altro nell’area d’una parabola, in un trapezio parabolico, in una paraboloide, e vi giunge per tali ingegni, che recano ancora ammirazione e sorpresa. E se non è vero, come alcuni vogliono, che siensi perduti i libri, in cui Archimede facea più distesa parola de’ centri di gravità, egli è certo, che di tante figure cercò e rinvenne que’ centri, di quante si propose di trovar l’equilibrio. Era questo l’andamento ordinario del suo spirito; scopriva nuove regioni geometriche, e tanto in queste si spaziava, quanto era necessario al suo scopo, nè curavasi d’altro.

Eleva poi a principio generale una verità d’esperienza, cioè che pesi eguali a distanze eguali dal punto d’appoggio si equilibran tra loro; e da questo principio ricava ciò, che non sapeasi, che pesi ineguali a distanze reciproche da quel punto debbono ancor essi restare in equilibrio, perchè allora la leva si riduce anche