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l’infinito, che volea studiosamente evitare: indicò solamente quanto un pezzo di curva fosse maggiore o minore di una o più rette, o pure quanto un pezzo di superficie concava fosse maggiore o minore di una o più superficie piane. Non è già, che una sì fatta maggioranza o minoranza non si vada ancor essa in ultimo a risolvere nell’infinito, ma la mente umana non ha tempo di ciò sospettare; perchè quella relazione di più o di meno le si presenta con tale chiarezza, che ne piglia a fastidio le prove. Archimede in fatti pose l’estremità delle rette sull’estremità del pezzo di una curva, e l’estremità delle superficie piane su quelle del pezzo di una concava, e quivi con gran senno ristandosi, più oltre non volle procedere1. Tutti allora videro quando queste linee o superficie erano le une dalle altre comprese, o le prime le seconde comprendeano, e tutti immantinente conobbero quando le une erano delle altre minori o maggiori. Gli stessi geometri de’ suoi dì, ch’erano severissimi, ne sdegnarono le prove, e venerarono come principj que’ rapporti di mag-

  1. Assiomi e defin. al lib. sulla sfera e il cilindro.