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cura di stabilir sul medesimo le sue dimostrazioni: pensò in somma di presentare nella sublime geometria la sembianza istessa degli elementi, anzi una semplice continuazione de’ libri del severissimo Euclide.
Ma questo progetto, che era degno di se e del suo maraviglioso intelletto, lo stringea a battere una via soda, egli è vero, ma lunga e tortuosa e tanto più aspra, quanto le curve sdegnano l’esattezza, e quella precision di misura, di cui è capace la parabola. Per progredire quindi con sicurezza ideò prima un metodo particolare, che servir gli dovesse di guida, e mosse tosto celeri passi verso l’invenzione.
Il primo passo, che diè, fu quello di comparare le curve alle rette, che tra loro non si erano mai poste in confronto, perchè allora si credeano di natura diversa; ma nel dar questo passo, che liberava la scienza dagli antichi ceppi, mostrò Archimede non che forza e coraggio, ma accorgimento e prudenza. Non si tolse a dimostrare quanto una o più linee rette fossero eguali ad una curva, affinchè suo malgrado imbattuto non si fosse nello scoglio del-