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ciavano nembi di dardi contro i Romani quando erano distanti dalle mura, e se questi coperti de’ loro scudi si sforzavano d’accostarsi, le catapulte moveano una pioggia di pietre contro di loro; che se non ostante i dardi e le pietre, ostinati si avanzavano verso le mura, trovavano aperte delle spesse feritoje, da cui con piccole baliste eran feriti e tormentati. Nè i colpi evitavano delle catapulte; perciocchè queste delle pietre lanciavano, che quasi a perpendicolo cadevano dall’alto sulle loro teste. Non meno infelice era l’assalto di mare. Allorchè i Romani tentavano d’inalzare le loro sambuche per iscalare le torri e le muraglie di Acradina, si scagliavano da’ Siracusani con gran violenza delle masse enormi di pietra o di piombo, che quelle scale rompevano e rovesciavano; e quel, che più danno e pregiudizio arrecava alle navi romane, erano le mani di ferro, che dalle mura erano diritte alle prore di quelle per aggrapparle, e ghermitele, in alto in sì fatto modo le tiravano, che le navi, alzata la prora, poggiavano sulla poppa; e come erano in tale termine, rilasciavano i Siracusani a un trat-