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Ma io non so nè voglio più dilungarmi sopra un argomento, che Archimede non istimava degno della sua gloria. Riputava egli un non niente le sue invenzioni meccaniche, indegne le credea del suo intendimento, e niun pensiero si prese di descriverle. Però alcune non senza pregiudizio delle arti affatto non si conoscono, e di altre, essendone passato a noi il solo nome, s’ignora l’ingegno ed il costrutto. Era comune opinione in que’ tempi presso i filosofi, che la mente umana si contaminava pigliando a considerare, e a trattare cose terrestri e materiali. Archimede oltre a ciò versato come era nelle cose geometriche, e puramente intellettuali, e preso dalla loro grandezza e sodezza sdegnava, al dir di Plutarco, di pigliar vanto nel comporre macchine, come di cosa bassa, vile, e mercenaria, e ch’egli tenea per giuochi della sua geometria, cui di quando in quando si rivolgea o per suo particolar sollazzo o per condiscendere alle istanze di Gerone. Ma se egli ebbe a vile di lasciar descritte alla posterità le sue invenzioni meccaniche, perchè indegne le riputava della sua