un dardo, a caso ammazzò il Principe de’ Pollarj; la qual cosa udita il Consolo, disse come ogni cosa procedeva bene, e col favore degli Dii, perchè lo esercito con la morte di quel bugiardo si era purgato da ogni colpa, e da ogni ira che quelli avessero preso contro di lui. E così col sapere bene accomodare i disegni suoi agli auspizj, prese partito di azzuffarsi, senza che quello esercito si avvedesse, che in alcuna parte quello avesse negletti gli ordini della loro Religione. Al contrario fece Appio Pulcro in Sicilia nella prima guerra Punica, che volendo azzuffarsi con l’esercito Cartaginese, fece fare gli auspizj a’ Pollari, e riferendogli quelli come i Polli non beccavano, disse, veggiamo se volessero bere, e gli fece gittare in mare, dondechè azzuffandosi perdette la giornata, di che egli ne fu a Roma condannato, e Papirio onorato, non tanto per aver l’uno perduto e l’altro vinto, quanto per aver l’uno fatto contro agli auspizj prudentemente, e l’altro temerariamente. Nè ad altro fine tendeva questo modo dello auspicare, che di fare i soldati confidentemente ire alla zuffa, dalla qual confidenza quasi sempre nasce la vittoria. La qual cosa fu non solamente usata dai Romani, ma dagli esterni; di che mi pare di addurre uno esempio nel seguente capitolo.