fondamenti suoi, e vedesse l'uso presente quanto
è diverso da quelli, giudicherebbe essere propinquo
senza dubbio, o la rovina o il flagello. E perchè
sono alcuni d’opinione, che il ben essere delle
cose d’Italia dipende dalla Chiesa di Roma, voglio
contro ad essa discorrere quelle ragioni che mi occorrono, e ne allegherò due potentissime, le quali
secondo me non hanno repugnanza. La prima è,
che per gli esempj rei di quella Corte, questa Provincia ha perduto ogni divozione ed ogni Religione:
il che si tira dietro infiniti inconvenienti e infiniti
disordini; perchè così, come dove è Religione si presuppone ogni bene, così dove ella manca, si presuppone il contrario. Abbiamo adunque con la Chiesa
e coi Preti noi Italiani questo primo obbligo, d’essere diventati senza Religione e cattivi; ma ne abbiamo ancora un maggiore, il quale è cagione della
rovina nostra. Questo è che la Chiesa ha tenuto e
tiene questa nostra Provincia divisa. E veramente
alcuna Provincia non fu mai unita o felice, se la
non viene tutta alla ubbidienza d’una Repubblica
o d’un Principe, come è avvenuto alla Francia
ed alla Spagna. E la cagione che la Italia non sia
in quel medesimo termine, nè abbia anch’ella o
una Repubblica, o un Principe che la governi, è
solamente la Chiesa; perchè avendovi abitato e
tenuto Imperio temporale, non è stata sì potente,
nè di tal virtù che l'abbia potuto occupare il restante d’Italia, e farsene Principe. E non è stata
dall’altra parte sì debile, che, per paura di non