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dia il modo, e dalla cui mente dipenda qualunque simile ordinazione. Però un prudente ordinatore d’una Repubblica, e che abbia questo animo di volere giovare, non a sè, ma al bene comune, non alla sua propria successione, ma alla comune patria, debbe ingegnarsi d’avere l’autorità solo; nè mai uno ingegno savio riprenderà alcuno d’alcuna azione straordinaria, che per ordinare un Regno, o costituire una Republica usasse. Conviene bene, che accusandolo il fatto, l’effetto lo scusi; e quando sia buono, come quello di Romolo, sempre lo scuserà: perchè colui che è violento per guastare, non quello che è per racconciare, si debbe riprendere. Debbe bene intanto essere prudente e virtuoso, che quella autorità, che si ha presa, non la lasci ereditaria ad un altro: perchè essendo gli uomini più pronti al male ch’al bene, potrebbe il suo successore usare ambiziosamente quello, che da lui virtuosamente fusse stato usato. Oltre di questo, se uno è atto a ordinare, non è la cosa ordinata per durare molto, quando la rimanga sopra le spalle d’uno; ma sì bene quando la rimane alla cura di molti, e che a molti stia il mantenerla. Perchè così come molti non sono atti ad ordinare una cosa, per non conoscere il bene di quella, causato dalle diverse opinioni che sono fra loro, così conosciuto che l’hanno, non si accordano a lasciarlo. E che Romolo fusse di quelli che nella morte del fratello e del compagno meritasse scusa, e che quello che fece, fusse per il bene