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libro primo 45

re e tanta gloria; parendogli quanto alla salute di Roma, per avere salvato il Campidoglio, aver meritato quanto Camillo; e quanto all’altre belliche laudi, non essere inferiore a lui. Dimodochè carico d’invidia, non potendo quietarsi per la gloria di quello, e veggendo non potere seminare discordia infra i Padri, si volse alla Plebe, seminando varie opinioni sinistre tra quella. E intra l’altre cose che diceva, era come il tesoro, il quale si era adunato insieme per dare ai Francesi, e poi non dato loro, era stato usurpato da privati cittadini; e quando si riavesse si poteva convertirlo in pubblica utilità, alleggerendo la Plebe dai tributi, o da qualche privato debito. Queste parole poterono assai nella Plebe, talchè cominciò avere concorso, e a fare a sua posta tumulti assai nella città: la qual cosa dispiacendo al Senato, e parendogli di momento e pericolosa, creò un Dittatore, perchè e’ riconoscesse questo caso, e frenasse l’impeto di Manlio. Ondechè subito il Dittatore lo fece citare, e condussonsi in pubblico all’incontro l’uno dell’altro, il Dittatore in mezzo de’ Nobili, e Manlio in mezzo della Plebe. Fu domandato Manlio che dovesse dire, appresso a chi fusse questo tesoro che si diceva, perchè n’era così desideroso il Senato d’intenderlo come la Plebe; a che Manlio non rispondeva particolarmente, ma andando fuggendo, diceva come non era necessario dire loro quello che e’ si sapevano, tantochè il Dittatore lo fece mettere in carcere. È da notare per questo