ne accade che questa, più d’ogni altra passione dell’animo è sempre temuta o derisa; le quali due cose per certo sono da essere grandemente fuggite. Giudico adunque, se non me ne inganno, che la prima medicina, la quale usar devemo a questa infermità, debba essere che con molta diligenzia da noi si consideri cliente sia l’ira, e quali effetti faccia negli altri uomini allora che da quella si trovano soverchiati ed oppressi. E conciossiachè Ipocrate disse, quella infermità apparire molto pericolosa, la quale nell’infermo fa mutazione d’effigie; perciò quando io penso, anzi veggendo considero trasfigurarsi qualche uomo per la violenza dell’ira, cambiare la vista, il colore, l’andare, la voce, e tutto lo rimanente del corpo transformare in guisa, che io dico meco medesimo: O se per mia sventura qualche malvagia infermità mi facesse in quella forma divenire, quanto mi saria nojoso e spiacevole, dovendo esser veduto tale dalli amici, dalla moglie e da’ figliuoli, alli quali non solamente sì laido apparirei, ma udirebbero eziamdio uscir da me grida feroci ed aspre, le quali in un altro molto vitupererei, veggendolo intra li amici e compagni, non servare alcun modo, o grazia di presenzia di parlare e di costumi. Onde se m’accadessi d’aver a correggere alcuno, il quale fusse da tal passione combattuto, io userei, come fanno i barbieri a quelli che essi hanno lavati e puliti, di por loro avanti alli occhi uno specchio tantosto che io il vedessi ben infiammato nell’ira,