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dialogo | 28 |
una benigna e mansueta conversazione halla in te conceputa e produtta; onde manifestamente si vede che ’l furore e la subitezza dell’ira non invecchia con l’etade, nè volontariamente s’ammorza, ma con certi ottimi discorsi ragionevoli si può te solamente sanare. E se bene Luigi, amico nostro, mi aveva prima narrato quel che di te, e con molta verità di tua laude si diceva; nondimeno dubitava che ingannato dalla affezione che ti porta, non di quello che in te rilucesse, ma di quanto rilucere dovrebbe in ogni uom virtuoso e nobile, facesse di te testimonio. Perchè, come tu hai ben conosciuto, io non son tanto credulo, che a compiacenzia d’alcuno traportar mi lasci dall’opinione, ma ora nel vero io l’assolvo da ogni dubbio di falsità, e ti prego che ti sia in piacere volermi contar con uso di qual medicina tu abbia a te stesso quella già tua subitezza d’ira ridotta, e avvezza tanto obbediente e mansueta, e così sottoposta alla ragione.
Cosimo Io giudico, Niccolò mio dilettissimo, che tu debba molto bene, e con molta attenzione avvertire, che da troppa benivolenzia, e dalla nostra singulare amicizia non sii ingannato, in maniera che li difetti miei non t’appariscano; conciossiachè l’amore, il quale non sa tenersi dentro a i termini, mi ti fa forse parere più mansueto assai di quel ch’io sono, ed ancora dei avvertire, che quantunque le corde poste ne i musici strumenti, apparischin talvolta tutte pari, tuttavia le