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quale faceva professione di filosofo: - Voi siete fatti come i cani, che vanno sempre dattorno a chi può meglio dare loro mangiare; - gli rispose quello: - Anzi, siamo come e’ medici, che andiamo a casa coloro che di noi hanno maggiore bisogno.
Andando da Pisa a Livorno per acqua, e sopravvenendo uno temporale pericoloso, per il che turbandosi forte Castruccio, fu ripreso da uno di quegli che erano seco di pusillanimità, dicendo di non avere paura di cosa alcuna, al quale disse Castruccio che non se ne maravigliava, perché ciascuno stima l’anima sua quello che ella vale.
Domandato da uno come egli avessi a fare a farsi stimare, gli disse: - Fa, quando tu vai a uno convito, che e’ non segga uno legno sopra uno altro legno.
Gloriandosi uno di avere letto molte cose, disse Castruccio: - È sarebbe meglio gloriarsi di averne tenute a mente assai.
Gloriandosi alcuno che, bevendo assai, non si inebriava, disse: - È fa cotesto medesimo uno bue.
Aveva Castruccio una giovane con la quale conversava dimesticamente, di che sendo da uno amico biasimato, dicendo massime che egli era male che e’ si fusse lasciato pigliare ad una donna: - Tu erri, - disse Castruccio, - io ho preso lei, non ella me.
Biasimandolo ancora uno, che egli usava cibi troppo dilicati, disse: - Tu non spenderesti in essi quanto spendo io. - E dicendogli quello che e’ diceva el vero, gli soggiunse: - Adunque tu sei più avaro che io non sono ghiotto.
Sendo invitato a cena da Taddeo Bernardi lucchese,