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lo avviso della morte mia, che non sarebbe lo acquisto di Toscana. Negli principi di Milano e nello imperadore non puoi confidare, per essere discosto, pigri, e gli loro soccorsi tardi. Non dei pertanto sperare in alcuna cosa, fuora che nella tua industria e nella memoria della virtù mia e nella reputazione che ti arreca la presente vittoria, la quale se tu saprai con prudenza usare, ti darà aiuto a fare accordo con i Fiorentini, al quale, sendo sbigottiti per la presente rotta, doverranno con desiderio condescendere. I quali dove io cercavo di farmi inimici, e pensavo che la inimicizia loro mi avessi a recare potenza e gloria, tu hai con ogni forza a cercare di fartegli amici, perché la amicizia loro ti arrecherà securtà e commodo. È cosa in questo mondo di importanza assai cognoscere se stesso, e sapere misurare le forze dello animo e dello stato suo; e chi si cognosce non atto alla guerra, si debbe ingegnare con le arti della pace di regnare. A che è bene, per il consiglio mio, che tu ti volga, e t’ingegni per questa via di goderti le fatiche e pericoli miei; il che ti riuscirà facilmente, quando stimi essere veri questi miei ricordi. E arai ad avere meco duoi oblighi: l’uno, che io ti ho lasciato questo regno; l’altro, che io te lo ho insegnato mantenere.
Di poi fatti venire quegli cittadini che di Lucca, di Pisa e di Pistoia seco militavano, e raccomandato a quegli Pagolo Guinigi, e fattigli giurare obedienza, si morì; lasciando, a tutti quegli che lo avevano sentito ricordare, di sé