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auspicioque ineunda pugna sit, utrum, qui audiendus dumtaxat magnificus adhortator sit, verbis tantum ferox, operum militarium expers, an qui et ipse tela tractare, procedere ante signa, versari media in mole pugnae sciat. Facta mea, non dicta, vos, milites, sequi volo; nec disciplinam modo, sed exemplum etiam a me petere, qui hac dextra mihi tres consulatus, summamque laudem peperi». Le quali parole, considerate bene, insegnano a qualunque, come ei debbe procedere a volere tenere il grado del capitano: e quello che sarà fatto altrimenti, troverrà, con il tempo, quel grado, quando per fortuna o per ambizione vi sia condotto, torgli e non dargli riputazione; perché non i titoli illustrono gli uomini, ma gli uomini i titoli. Debbesi ancora dal principio di questo discorso considerare che, se gli capitani grandi hanno usati termini istraordinari a fermare gli animi d’uno esercito veterano quando con i nimici inconsueti debbe affrontarsi; quanto maggiormente si abbia a usare la industria quando si comandi uno esercito nuovo, che non abbia mai veduto il nimico in viso! Perché, se lo inusitato inimico allo esercito vecchio dà terrore, tanto maggiormente lo debbe dare ogni inimico a uno esercito nuovo. Pure, si è veduto molte volte dai buoni capitani tutte queste difficultà con somma prudenza essere vinte: come fece quel Gracco romano, ed Epaminonda tebano, de’ quali altra volta abbiamo parlato, che con eserciti nuovi vinsono eserciti veterani