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opinione, e quanto alla corrozione, sempre faranno minori errori che i principi. E perché e’ può essere che i popoli s’ingannerebbono della fama, della opinione e delle opere d’uno uomo, stimandole maggiori che in verità non sono, il che non interverrebbe a uno principe, perché gli sarebbe detto, e sarebbe avvertito da chi lo consigliasse; perché ancora i popoli non manchino di questi consigli, i buoni ordinatori delle republiche hanno ordinato, che, avendosi a creare i supremi gradi nelle città, dove fosse pericoloso mettervi uomini insufficienti, e veggendosi la voga popolare essere diritta a creare alcuno che fosse insufficiente, sia lecito a ogni cittadino, e gli sia imputato a gloria, di publicare nelle concioni i difetti di quello, acciocché il popolo, non mancando della sua conoscenza, possa meglio giudicare.
E che questo si usasse a Roma, ne rende testimonio l’orazione di Fabio Massimo, la quale ei fece al popolo nella seconda guerra punica, quando nella creazione de’ Consoli i favori si volgevano a creare Tito Ottacilio; e giudicandolo Fabio insufficiente a governare in quelli tempi il consolato, gli parlò contro, mostrando la insufficienza sua; tanto che gli tolse quel grado, e volse i favori del popolo a chi più lo meritava che lui. Giudicano, adunque, i popoli, nella elezione a’ magistrati, secondo quelli contrassegni che degli uomini si possono avere più veri; e quando ei possono essere consigliati come i principi, errano meno de’ principi: e quel
no match
cittadino che voglia cominciare a avere i favori del popolo, debbe con qualche fatto notabile, come fece Tito Manlio, guadagnarseli.