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rimandò imbasciadori a Scipione, con commissione che pigliassero tutte quelle condizioni erano date loro dal vincitore: alli quali non propose altri patti che quegli si avesse offerti innanzi che vincesse; soggiugnendo queste parole: «Quod Romani, si vincuntur, non minuuntur animis; nec, si vincunt, insolescere solent».
Al contrario appunto di questo si è veduto fare ai Viniziani: i quali nella buona fortuna, parendo loro aversela guadagnata con quella virtù che non avevano, erano venuti a tanta insolenza che chiamavano il re di Francia figliuolo di San Marco; non stimavano la Chiesa; non capivano in modo alcuno in Italia; ed eronsi presupposti nello animo di avere a fare una monarchia simile alla romana. Dipoi, come la buona sorte gli abbandonò e ch’egli ebbono una mezza rotta a Vailà, dal re di Francia, perderono non solamente tutto lo stato loro per ribellione, ma buona parte ne dettero al papa ed al re di Spagna per viltà ed abiezione d’animo; ed in tanto invilirono, che mandarono imbasciadori allo imperadore a farsi tributari, scrissono al papa lettere piene di viltà e di sommissione per muoverlo a compassione. Alla quale infelicità pervennono in quattro giorni, e dopo una mezza rotta: perché, avendo combattuto il loro esercito, nel ritirarsi venne a combattere ed essere oppresso circa la metà, in modo che, l’uno de’ Provveditori, che si salvò, arrivò a Verona con più di venticinquemila soldati, intr’a piè ed a cavallo. Talmenteché, se