Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/498

fuit, inter infimos milites omnia haud gravate mundia obeundo. In ludo praeterea militari, cum velocitatis viriumque inter se aequales certamina ineunt, comiter facilis vincere ac vinci vultu eodem; nec quemquam aspernari parem qui se offerret; factis benignus pro re; dictis haud minus libertatis alienae, quam suae dignitatis memor; et (quo nihil popularius est) quibus artibus petierat magistratus, iisdem gerebat». Parla medesimamente, di Manlio, Tito Livio onorevolmente, mostrando che la sua severità nella morte del figliuolo fece tanto ubbidiente lo esercito al Consolo, che fu cagione della vittoria che il popolo romano ebbe contro ai Latini; ed in tanto procede in laudarlo, che, dopo tale vittoria, descritto ch’egli ha tutto l’ordine di quella zuffa, e mostri tutti i pericoli che il popolo romano vi corse, e le difficultà che vi furono a vincere fa questa conclusione: che solo la virtù di Manlio dette quella vittoria ai Romani. E faccendo comparazione delle forze dell’uno e dell’altro esercito, afferma come quella parte arebbe vinto che avesse avuto per consolo Manlio. Talché considerato tutto quello che gli scrittori ne parlano, sarebbe difficile giudicarne. Nondimeno, per non lasciare questa parte indecisa, dico come in uno cittadino che viva sotto le leggi d’una republica, credo sia più laudabile e meno pericoloso il procedere di Manlio: perché questo modo tutto è in favore del publico, e non risguarda in alcuna parte all’ambizione privata; perché