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libro primo 27

nione loro, come facilmente si può vedere essere seguìto in Roma; perchè da’ Tarquinj ai Gracchi, che furono più di trecento anni, i tumulti di Roma rade volte partorivano esilio, e radissime sangue. Nè si possono pertanto giudicare questi tumulti nocivi, nè una Repubblica divisa, che in tanto tempo per le sue differenze non mandò in esilio più che otto o dieci cittadini, e ne ammazzò pochissimi, e non molti ancora condannò in danari. Nè si può chiamare in alcun modo con ragione una Repubblica inordinata, dove siano tanti esempj di virtù, perchè li buoni esempj nascono dalla buona educazione, la buona educazione dalle buone leggi, e le buone leggi da quelli tumulti, che molti inconsideratamente dannano; perchè chi esaminerà bene il fine di essi, non troverà che egli abbiano partorito alcuno esilio o violenza in disfavore del comune bene, ma leggi ed ordini in benefizio della pubblica libertà. E se alcuno dicesse: i modi erano straordinarj, e quasi efferati, vedere il Popolo insieme gridare contra il Senato, il Senato contra il Popolo, correre tumultuariamente per le strade, serrare le botteghe, partirsi tutta la Plebe di Roma, le quali tutte cose spaventano, non che altro, chi legge; dico come ogni città debbe avere i suoi modi, con i quali il Popolo possa sfogare l’ambizione sua, e massime quelle cittadi, che nelle cose importanti si vogliono valere del Popolo; tra le quali la città di Roma aveva questo modo, che quando quel Popolo vo-