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e vegga che per difetto di danari o d’amici e’ non può tenere lungamente tale esercito, è matto al tutto se non tenta la fortuna innanzi che tale esercito si abbia a risolvere: perché, aspettando e’ perde il certo; tentando, potrebbe vincere.

Un’altra cosa ci è ancora da stimare assai: la quale è che si debbe, eziandio perdendo, volere acquistare gloria; e più gloria si ha, ad essere vinto per forza, che per altro inconveniente che ti abbi fatto perdere. Sì che Annibale doveva essere constretto da queste necessità. E dall’altro canto, Scipione, quando Annibale avessi differita la giornata, e non gli fusse bastato l’animo irlo a trovare ne’ luoghi forti, non pativa, per avere di già vinto Siface ed acquistato tante terre in Affrica, che vi poteva stare sicuro e con commodità come in Italia. Il che non interveniva ad Annibale, quando era all’incontro di Fabio; né a questi Franciosi, che erano allo incontro di Sulpizio.

Tanto meno ancora può fuggire la giornata colui che con lo esercito assalta il paese altrui; perché, se vuole entrare nel paese del nimico, gli conviene, quando il nimico se gli facci incontro, azzuffarsi seco, e se si pone a campo ad una terra, si obliga tanto più alla zuffa: come ne’ tempi nostri intervenne al duca Carlo di Borgogna, che, sendo accampato a Moratto, terra de’ Svizzeri, fu da’ Svizzeri assaltato e rotto, e come intervenne allo esercito di Francia, che, campeggiando Novara, fu medesimamente da’ Svizzeri rotto.