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Ai principi e republiche prudenti
debbe bastare vincere;
perché, il più delle volte,
quando e’ non basta, si perde.

Lo usare parole contro al nimico poco onorevoli, nasce il più delle volte da una insolenzia che ti dà o la vittoria o la falsa speranza della vittoria; la quale falsa speranza fa gli uomini non solamente errare nel dire, ma ancora nello operare. Perché questa speranza, quando la entra ne’ petti degli uomini, fa loro passare il segno; e perdere, il più delle volte, quella occasione dell’avere uno bene certo, sperando di avere un meglio incerto. E perché questo è un termine che merita considerazione, ingannandocisi dentro gli uomini molto spesso, e con danno dello stato loro, e’ mi pare da dimostrarlo particularmente con esempli antichi e moderni, non si potendo con le ragioni così distintamente dimostrare. Annibale, poi ch’egli ebbe rotti i Romani a Canne, mandò suoi oratori a Cartagine a significare la vittoria, e chiedere sussidi. Disputossi in Senato di quello che si avesse a fare. Consigliava Annone, uno vecchio e prudente cittadino cartaginese, che si usasse questa vittoria saviamente in fare pace con i Romani, potendola avere con condizioni oneste, avendo vinto; e non si aspettasse