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esercito, tu riaresti lo stato in ogni modo, eziandio la fortezza non vi fosse; e tanto più facilmente, quanto gli uomini ti fossono più amici che non ti erano avendogli male trattati per l’orgoglio della fortezza. E per isperienza si è visto, come questa fortezza di Milano, né agli Sforzeschi né a’ Franciosi, ne’ tempi avversi dell’uno e dell’altro, non ha fatto a alcuno di loro utile alcuno, anzi a tutti ha arrecato danno e rovine assai, non avendo pensato, mediante quella, a più onesto modo di tenere quello stato. Guidubaldo duca di Urbino, figliuolo di Federigo, che fu ne’ suoi tempi tanto stimato capitano, sendo cacciato da Cesare Borgia, figliuolo di papa Alessandro VI, dello stato; come dipoi, per uno accidente nato, vi ritornò, fece rovinare tutte le fortezze che erano in quella provincia, giudicandole dannose. Perché, sendo quello amato dagli uomini, per rispetto di loro non le voleva; e, per conto de’ nimici, vedeva non le potere difendere, avendo quelle bisogno d’uno esercito in campagna, che le difendesse: talché si volse a rovinarle. Papa Iulio, cacciati i Bentivogli di Bologna fece in quella città una fortezza; e dipoi faceva assassinare quel popolo da uno suo governatore: talché quel popolo si ribellò; e subito perdé la fortezza; e così non gli giovò la fortezza; e l’offese, intanto che, portandosi altrimenti, gli arebbe giovato. Niccolò da Castello, padre de’ Vitelli, tornato nella sua patria donde era esule, subito