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per non dare cagione né ardire a’ figliuoli di diventare tristi, mai non farà fortezza, acciocché quelli, non in su le fortezze, ma in su la benivolenza degli uomini si fondino. E se il conte Francesco Sforza, diventato duca di Milano, fu riputato savio, e nondimeno fece in Milano una fortezza, dico che in questo ei non fu savio, e lo effetto ha dimostro come tale fortezza fu a danno, e non a sicurtà de’ suoi eredi. Perché giudicando mediante quella vivere sicuri, e potere offendere i cittadini e sudditi loro, non perdonarono a alcuna generazione di violenza; talché, diventati sopra modo odiosi, perderono quello stato come prima il nimico gli assaltò: né quella fortezza gli difese, né fece loro nella guerra utile alcuno, e nella pace aveva fatto loro danno assai. Perché se non avessono avuto quella, e se per poca prudenza avessono agramente maneggiati i loro cittadini, arebbono scoperto il pericolo più tosto, e sarebbonsene ritirati; e arebbono poi potuto più animosamente resistere allo impeto francioso, co’ sudditi amici sanza fortezza, che, con quelli inimici, con la fortezza: le quali non ti giovano in alcuna parte; perché, o le si perdono per fraude di chi le guarda, o per violenza di chi le assalta, o per fame. E se tu vuoi che le ti giovino, e ti aiutino ricuperare uno stato perduto, dove ti sia rimasa solo la fortezza; ti conviene avere uno esercito, con il quale tu possa assaltare colui che ti ha cacciato: e quando tu abbi questo