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vincere l’uno e l’altro, o di per sé o tutti a dua insieme, non era possibile; conveniva che superassino l’uno l’altro, e che la Chiesa con gli suoi amici urtasse quello, poi, che rimanesse vincitore. Ed era impossibile trovare migliore occasione che la presente, sendo l’uno e l’altro in su i campi, ed avendo il Papa le sue forze a ordine da potere rappresentarsi in su i confini di Lombardia, e propinquo a l’uno e l’altro esercito, sotto colore di volere guardare le cose sue, e quivi stare tanto che venissono alla giornata, la quale ragionevolmente, sendo l’uno e l’altro esercito virtuoso, doverrebbe essere sanguinosa per tutte a due le parti, e lasciare in modo debilitato il vincitore che fusse al Papa facile assaltarlo e romperlo: e così verrebbe con sua gloria a rimanere signore di Lombardia, ed arbitro di tutta Italia. E quanto questa opinione fusse falsa, si vide per lo evento della cosa: perché, sendo dopo una lunga zuffa suti superati i Svizzeri, non che le genti del Papa e di Spagna presumessero assaltare i vincitori, ma si prepararono alla fuga; la quale ancora non sarebbe loro giovata, se non fusse stato o la umanità o la freddezza del re, che non cercò la seconda vittoria, ma li bastò fare accordo con la Chiesa.
Ha questa opinione certe ragioni che discosto paiono vere, ma sono al tutto aliene dalla verità. Perché, rade volte accade che il vincitore perda assai suoi soldati: perché de’ vincitori ne muore nella zuffa, non nella fuga; e nello ardore del combattere,