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zio, quando io in molte parti, discorrendo, m’inganni. Il che essendo, non so quale di noi si abbia ad essere meno obbligato all’altro, o io a voi che mi avete forzato a scrivere quello che io mai per me medesimo non arei scritto, o voi a me, quando scrivendo non abbia soddisfatto. Pigliate dunque questo in quel modo che si pigliano tutte le cose degli amici, dove si considera più sempre l’intenzione di chi manda, che la qualità della cosa che è mandata. E crediate che in questo io ho una satisfazione, quando io penso che, sebbene io mi fussi ingannato in molte sue circostanze, in questa sola so ch’io non ho preso errore, di avere eletto voi, ai quali sopra tutti gli altri questi miei Discorsi indirizzi; sì perchè, facendo questo, mi pare aver mostro qualche gratitudine de’ benefizj ricevuti, sì perchè e’ mi pare essere uscito fuora dell’uso comune di coloro che scrivono, i quali sogliono sempre le loro opere a qualche Principe indirizzare; e accecati dall’ambizione e dall’avarizia laudano quello di tutte le virtuose qualitadi, quando di ogni vituperevole parte dovrebbono biasimarlo. Onde io per non incorrere in questo errore ho eletti, non quelli che sono Principi, ma quelli che per le infinite buone parti loro meriterebbono d’essere; nè quelli che potrebbono di