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non fu ricevuto da quella: il che gli dolse assai più che non aveva fatto la perdita delle genti e dello esercito suo. Pompeio, rotto che fu da Cesare in Tessaglia, si rifuggì in Egitto a Tolomeo, il quale era per lo adietro da lui stato rimesso nel regno; e fu da lui morto. Le quali cose si vede che ebbero le medesime cagioni: nondimeno fu più umanità usata e meno ingiuria dalla republica, che dal principe. Dove è, pertanto, la paura, si troverrà in fatto la medesima fede. E se si troverrà o una republica o uno principe, che, per osservarti la fede, aspetti di rovinare, può nascere questo ancora da simili cagioni. E quanto al principe, può molto bene occorrere che egli sia amico d’uno principe potente, che, se bene non ha occasione allora di difenderlo, ei può sperare che col tempo ei lo ristituisca nel principato suo; o veramente che, avendolo seguito come partigiano, ei non creda trovare né fede né accordi con il nimico di quello. Di questa sorte sono stati quegli principi del reame di Napoli, che hanno seguite le parti franciose. E quanto alle republiche, fu di questa sorte Sagunto in Ispagna, che aspettò la rovina per seguire le parti romane; e di questa Firenze, per seguire nel 1512 le parti franciose. E credo, computato ogni cosa, che in questi casi, dove è il pericolo urgente, si troverrà qualche stabilità più nelle republiche, che ne’ principi. Perché, sebbene le republiche avessero quel medesimo animo e quella medesima voglia che uno principe,