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libro primo 155

ch’egli aveva offeso: Appio replicava, come e’ non avevano a violare quella appellazione ch’egli avevano con tanto desiderio ordinata. Pertanto egli fu incarcerato, e avanti al dì del giudizio ammazzò sè stesso. E benchè la scellerata vita d’Appio meritasse ogni supplicio, nondimeno fu cosa poco civile violare le leggi, e tanto più quella ch’era fatta allora. Perchè io non credo che sia cosa di più cattivo esempio in una Repubblica, che fare una legge e non la osservare, e tanto più, quanto la non è osservata da chi l’ha fatta. Essendo Firenze dopo il novantaquattro stata riordinata nel suo Stato con l’ajuto di frate Girolamo Savonarola, gli scritti del quale mostrano la dottrina, la prudenza, la virtù dell’animo suo, ed avendo tra l’altre costituzioni per assicurare i cittadini fatto fare una legge, che si potesse appellare al Popolo dalle sentenze che per caso di Stato gli Otto e la Signoria dessero, la qual ‘legge persuase più tempo, e con difficultà grandissima ottenne, occorse che poco dopo la confirmazione d’essa, furono condannati a morte dalla Signoria per conto di Stato cinque cittadini, e volendo quelli appellare, non furono lasciati, e non fu osservata la legge. Il che tolse più riputazione a quel Frate, che nessun altro accidente; perchè se quella appellazione era utile, ei doveva farla osservare; s’ella non era utile, non doveva farla vincere. E tanto più fu notato questo accidente, quanto che il Frate in tante predicazioni che fece, poi che fu rotta questa legge,