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domande; biasimarono l’ultima come impia, dicendo: Crudelitatem damnatis, in crudelitateni ruitis; e consigliaronli che dovessero lasciare il fare menzione de’ Dieci, e che egli attendessero a pigliare l’autorità, e potestà loro, dipoi non mancherebbe loro modo a satisfarsi. Dove apertamente sì conosce, quanta stultizia e poca prudenza è domandare una cosa, e dire prima: io voglio far male con essa: perchè non si debbe mostrare l’animo suo, ma vuolsi cercare d’ottener quel suo desiderio in ogni modo. Perchè e’basta a dimandare a uno le armi, senza dire, io ti voglio ammazzare con esse, potendo poi, che tu hai le armi in mano satisfare allo appetito tuo.



CAPITOLO XLV


È cosa di malo esempio il non osservare una legge fatta, e massime dallo autore di essa; e rinfrescare ogni dì nuove ingiurie in una Città, è a chi la governa dannosissimo.


Seguito l’accordo, e ridotta Roma nell’antica sua forma, Virginio citò Appio innanzi al Popolo a difendere la sua causa. Quello comparse accompagnato da molti Nobili. Virginio comandò che fusse messo in prigione. Cominciò Appio a gridare, ed appellare al Popolo: Virginio diceva che non era degno d’avere quella appellazione ch’ egli aveva distrutta, ed avere per difensore quel Popolo