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ai regnanti, o se invece sotto colore di dar tali precetti tendesse a svelare i difetti di qualche principe suo contemporaneo. Non v’ha dubbio però che la lettura di quel libro contrista l’animo con una continua dipintura delle arti più rovinose alla società.

I Discorsi sopra la prima Deca di T. Livio sono un’Opera di politica, diremmo quasi, pratica; in quanto che senza alcun apparato di sistema, e senza altro ordine, fuorchè quello dei fatti appartenenti alla Storia Romana (ai quali vien raffrontando quelli de’ tempi a noi più vicini), il Filosofo italiano studia le cagioni dell’ingrandimento di Roma e della sua decadenza, e ne deriva mirabili precetti pel reggimento delle moderne repubbliche.

L’Arte della guerra è scritta con sì profonda cognizione della scienza militare, da pregiarsene non solamente un uomo di toga, ma qualsivoglia comandante di eserciti, che fosse continuamente vissuto fra l’armi. Dalla meditazione sulle cose guerresche dei Romani deduce principalmente il nostro Autore i suoi precetti per migliorare gli ordini militari de’ suoi tempi, e principalmente per far proscrivere le mercenarie milizie, e rimettere in onore ed in uso l’infanteria di cui allora non tenevasi nessun conto. Alcuni però si sono fatti a censurare le dottrine di questo libro, ed altri lo hanno spregiato senza conoscerlo, quasi per imitare Annibale che rideva la vana eloquenza del retore che a lui voleva insegnare come si guer-