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libro primo 145

tra i primi, con maraviglia e dispiacere di tutti i Nobili; nominò poi altri nove al suo proposito. La qual nuova creazione fatta per un altro anno, cominciò a mostrare al Popolo e alla Nobiltà l’error suo. Perchè subito Appio: Finem fecit ferendae alienae personae; e cominciò a mostrare la innata sua superbia, e in pochi dì riempiè de’ suoi costumi i suoi compagni. E per isbigottire il Popolo ed il Senato, in scambio di dodici Littori ne fecero cento venti. Stette la paura eguale qualche giorno; ma cominciarono poi ad intrattenere il Senato, e battere la Plebe; e se alcuno battuto dall’uno appellava all’altro, era peggio trattato nell’appellazione che nella prima causa. In modochè la Plebe, conosciuto l’error suo, cominciò piena d’afflizione a riguardar in viso i Nobili: Et inde libertatis captare auram, unde servitutem timendo, in eum statum rempublicam adduxerant. E alla Nobiltà era grata questa loro afflizione: Ut ipsi, taedio praesentium, consules desiderarent. Vennero i dì che terminavano l’anno; le due tavole delle leggi erano fatte, ma non pubblicate. Da questo i Dieci presero occasione di continuare nel Magistrato, e cominciarono a tenere con violenza lo Stato, e farsi satelliti della gioventù nobile, alla quale davano i beni di quelli che loro condannavano: Quibus donis juventus corrumpebatur, et malebat licentiam suam, quam omnium libertatem. Nacque in questo tempo che i Sabini e i Volsci mossero guerra a’ Romani, in su la qual paura