sto. E benchè egli avessero l’autorità assoluta nondimeno avendosi a punire un cittadino romano per omicidio, lo citarono nel cospetto del Popolo, e da quello lo fecero giudicare. Scrissero le loro leggi in dieci tavole, ed avanti che le confirmassero, le
messero in pubblico, acciocchè ciascuno le potesse leggere e disputarle, acciocchè sì conoscesse se vi era alcuno difetto, per poterlo innanzi alla confermazione loro emendare. Fece in su questo Appio nascere un rumore per Roma, che se a queste dieci tavole se n’aggiugnessero due altre, si darebbe a quelle la loro perfezione; talchè questa opinione dette occasione al Popolo di rifare i Dieci per un altro anno; a che il Popolo s’ accordò volentieri, sì perchè i Consoli non si rifacessero, sì perchè speravano loro poter stare senza Tribuni, sendo loro giudici delle cause, come di sopra si disse. Preso adunque partito di rifarli, tutta la Nobiltà si mosse a cercare questi onori, e tra ì primi era Appio; ed usava tanta umanità verso la Plebe nel domandarla, che la cominciò ad essere sospetta a’ suoi compagni: Credebant enim haud gratuitam in tanta superbia comitatem fore. E
dubitando d’opporsegli apertamente, deliberarono
farlo con arte; e benchè e’ fusse minore di tempo di tutti, dettono a lui autorità di proporre i futuri Dieci al Popolo, credendo ch’egli osservasse i termini degli altri di non proporre sè medesimo, sendo cosa inusitata e ignominiosa in Roma. Ille vero impedimentum pro occasione aripuit; e nominò sè