essere irresolute; in modochè tutt’i partiti che le pigliano, li pigliano per forza, e se viene loro fatto alcuno bene, lo fanno forzato e non per prudenza loro. Io voglio dare di questo due altri esempj, occorsi ne’ tempi nostri nello stato della nostra Città, nel mille cinquecento. Ripreso che il Re Luigi XII di Francia ebbe Milano, desideroso di rendergli Pisa, per aver cinquantamila ducati, che gli erano stati promessi da’ Fiorentini dopo tale restituzione, mandò gli suoi eserciti verso Pisa capitanati da Monsig. di Beaumonte, benchè Francese, nondimanco uomo in cui i Fiorentini assai confidavano. Condussesi questo esercito e questo Capitano tra Cascina e Pisa, per andare a combattere le mura, dove dimorando alcun giorno per ordinarsi alla espugnazione, vennero Oratori pisani a Beaumonte, e gli offerirono di dare la Città allo esercito francese con questi patti, che sotto la fede del Re promettesse non la mettere in mano de’ Fiorentini, prima che dopo quattro mesi. Il qual partito fu da’ Fiorentini al tutto rifiutato, in modochè si seguì nello andarvi a campo, e partissene con vergogna. Nè fu rifiutato il partito per altra cagione, che per diffidare della fede del Re, come quelli che per debolezza di consiglio si erano per forza
messi nelle mani sue; e dall’altra parte non se ne fidavano, nè vedevano quanto era meglio che il Re potesse rendere loro Pisa sendovi dentro; o non la rendendo scoprire l’animo suo, che non l’avendo, potere loro promettere, e loro esser for-