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libro primo 135

se per varie vie e in varj modi la non è in una Città sbattuta, tosto riduce quella Città alla rovina sua. In modochè se la contenzione della legge Agraria penò trecento anni a fare Roma serva, si sarebbe condotta per avventura molto più tosto in servitù, quando la Plebe e con questa legge, e con altri suoi appetiti non avesse sempre frenato l’ambizione de’Nobili. Vedesi per questo ancora, quanto gli uomini stimano più la roba che gli onori. Perchè la Nobiltà romana sempre negli onori cedè senza scandali straordinarj alla Plebe; ma come si venne alla roba, fu tanta l’ostinazione sua nel difenderla, che la Plebe ricorse per isfogare l’appetito suo a quelli straordinarj, che di sopra si discorrono. Del qual disordine furono motori i Gracchi, de’ quali si debbe laudare più l’intenzione che la prudenza. Perchè a voler levar via uno disordine cresciuto in una Repubblica, e per questo fare una legge che riguardi assai indietro, è partito male considerato, e come di sopra largamente si discorse, non si fa altro che accelerar quel male a che quel disordine ti conduce; ma temporeggiando, o il male viene più tardo, o per sè medesimo con il tempo, avanti che venga al fine suo, si spegne.