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libro primo 111

inconsueta in Roma. E parve tanto straordinario il vivere suo, che Catone Prisco, riputato santo, fu il primo a fargli contra, e a dire che una Città non si poteva chiamare libera, dove era un cittadino che fusse temuto dai Magistrati. Talchè se il Popolo di Roma seguì in questo caso la opinione di Catone, merita quella scusa che di sopra ho detto meritare quelli Popoli e quelli Principi, che per sospetto sono ingrati. Conchiudendo adunque questo discorso, dico; che usandosi questo vizio della ingratitudine o per avarizia o per sospetto, si vedrà come i Popoli non mai per l’avarizia l’usarono, e per sospetto assai manco che i Principi, avendo meno cagione di sospettare, come di sotto si dirà.



CAPITOLO XXX


Quali modi debbe usare un Principe o una Repubblica per fuggire questo vizio della ingratitudine, e quali quel Capitano o quel Cittadino per non essere oppresso da quella.


Un Principe per fuggire questa necessità di avere a vivere con sospetto, o essere ingrato, debbe personalmente andare nelle espedizioni, come facevano nel principio quelli Imperadori romani, come fa ne’ tempi nostri il Turco, e come hanno fatto e fanno quelli che sono virtuosi. Per-