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libro primo | 95 |
alcuno di quelli Re, o di quelli Popoli stessero contenti, che tre loro cittadini gli avessero sottomessi, come sì vide che volle fare Mezio; il quale benchè subito dopo la vittoria de’ Romani si confessasse vinto, e promettesse la ubbidienza a Tullo, nondimeno nella prima espedizione che eglino ebbono a convenire contro ai Vejenti, si vide come ei cercò d’ingannarlo, come quello che tardi si era avveduto della temerità del partito preso da lui. E perchè di questo terzo notabile se n’è parlato assai, parleremo solo degli altri due ne’ seguenti duoi capitoli.
CAPITOLO XXIII
Che non si debbe mettere a pericolo tutta la fortuna, e non tutte le forze; e per questo spesso il guardare i passi è dannoso.
Non fu mai giudicato partito savio mettere a pericolo tutta la fortuna tua, e non tutte le forze. Questo si fa in più modi. L’uno è facendo come Tullo e Mezio, quando ei commisero la fortuna
tutta della Patria loro, e la virtù di tanti uomini,
quanti avea l’uno e l’altro di costoro negli eserciti suoi, alla virtù e fortuna di tre de’ loro cittadini, che veniva ad essere una minima parte delle
forze di ciascuno di loro. Nè si avvidero, come
per questo partito tutta la fatica che avevano durata i loro antecessori nell’ordinare la Repubblica,