zione, nondimanco sendo bene ragionare d’ogni
cosa, non voglio lasciare questa indietro. E presupporrò una Città corrottissima, donde verrò ad
accrescere più tale difficultà; perchè non si trovano nè leggi, nè ordini che bastino a frenare una
universale corruzione. Perchè così come i buoni
costumi per mantenersi hanno bisogno delle leggi,
così le leggi per osservarsi hanno bisogno dei buoni costumi. Oltre di questo gli ordini e le leggi
fatte in una Repubblica nel nascimento suo, quando erano gli uomini buoni, non sono dipoi più a
proposito, divenuti che sono tristi. E se le leggi
secondo gli accidenti in una Città variano, non
variano mai, o rade volte, gli ordini suoi: il che
fa che le nuove leggi non bastano, perchè gli ordini che stanno saldi le corrompono. E per dare
ad intendere meglio questa parte, dico, come in
Roma era l’ordine del governo, ovvero dello Stato,
e le leggi dipoi, che con i Magistrati frenavano i
Cittadini. L’ordine dello Stato era l’autorità del
Popolo, del Senato, dei Tribuni, dei Consoli,
il modo di chiedere e del creare i Magistrati, e il
modo di fare le leggi. Questi ordini poco o nulla
variarono negli accidenti. Variarono le leggi che
frenavano i Cittadini, come fu la legge degli adulterj, la suntuaria, quella della ambizione, e molte
altre, secondo che di mano in mano i cittadini diventavano corrotti. Ma tenendo fermi gli ordini
dello Stato, che nella corruzione non erano più
buoni, quelle leggi che si rinnuovavano, non basta-