Pagina:Discorsi-SNFI.djvu/54

44
 
 


nete, al Tirolo, all’Illiria, si mettano nella stessa sua via; ammorzino ogni sospiro di libertade; di nebbie circondino gli intelletti; nieghino ai cittadini ogni esercizio delle armi, ogni voto nelle cose pubbliche; ristampino le sue leggi di sangue; e (lui mecenate e maestro) ascondano nelle tenebre i procedimenti loro e i giudizi.

Ei non vergognava di buccinare che libertà è contagiosa, e stultizia il desiderio delle costituzioni: confidava che il suo popolo si addormirebbe fra le catene, sol che le avesse comuni con altri: e nel giorno, che queste in alcuna parte d’Italia cadessero al suolo spezzate, intravedeva che al grande frastuono il suo popolo come un forte inebbriato si sveglierebbe.

Di qua è che nel nefasto negozio del 1815 stipulava a sé solo il diritto di guernire de’ suoi e Piacenza e Ferrara e Comacchio. Di qua è che gli cuoce sì fieramente nell’animo il non potersi frammettere nella vostra Alessandria. Di qua è che quandunque o Piemonte, o Napoli, o Modena, o le Romagne instarono alcuni benefizi dai loro Principi, ei mandò gli sgherani e i gregari a soffocare le voci moleste. Di qua è che nel Modanese venne tutore ed auspice alle immanità del Duca: a Firenze strinse di gelo la mente a Leopoldo, che parea meditare pel popolo qualche franchigia: nel Vaticano educò ad ogni durezza di cuore il decimosesto Gregorio: a Cosenza volle ricise le giovanili teste che aveano ardito sperare anzi tempo la nostra redenzione: e nei giorni a noi prossimi chiuse la mano all’unto d’Iddio, sì che più non rinnovi lo scandalo del benedire all’Italia! —

Queste cose, o Signori, e le moltissime, che in vero studio io trapasso, queste ho voluto toccare perché in ogni anima alla perfine, e nei marmi delle contrade, e sulle porte non ch’altro dei nostri templi, si scolpisca la tremenda sentenza, Che l’Austriaco, sino a quando ei calchi zolla di terreno alla destra dell’Isonzo, non è il padron solamente di quella zolla, ma di tutta la penisola è l’arbitro e l’oppressore.