Pagina:Diodati - I Salmi di David, Daelli, 1864.djvu/81


salmo xxxv. 61

     Solleverà la testa,
     Per la salute sua, ch’andrà vantando.
     E l’ossa mie, già tutte secche e trite,
     Diran rinvigorite:
     Chi ti può pareggiar, alto Signore,
     Che l’afflitto ritogli
     Al più forte di lui crudo oppressore,
     Nè vuoi ch’a suo piacer sempre lo spogli?
5          Mendaci testimoni
     Son surti, ciò che non debbo chiedendo:
     E, per uffizi buoni,
     Altro che mal, ingrati, non rendendo.
     Tende ogni lor pensier, ogni desire,
     Sol’a farmi morire:
     Avvegnachè, qualor infermi furo,
     Vestito andassi a bruno,
     E a capo chino; ed in cordoglio duro,
     Per lor spandessi prieghi con digiuno.
6          In vesti sozze ed adre,
     Qual chi ’l fratello o ’l fido amico piange;
     O ’l lutto di pia madre
     Di poco estinta, il cor gli afflige ed ange,
     Grevi passi per lor moveva attorno.
     Essi, a l’incontro, scorno
     A me cadente fer, raccolti a schiere:
     E, digrignando i denti,
     Di nascoso mi der sannate fiere,
     Con giucolari, in motteggiar mordenti.
7          Veggendo l’opre loro,
     Infin a quando, o Dio, cheto rimani?
     A l’alma mia ristoro
     Concedi omai da’ lor strazi inumani.
     Salva l’unica mia da’ denti felli
     De’ crudi leoncelli.
     Ed io ti vanterò con chiari modi,
     Ne la grande adunanza