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46 i salmi di david

     Nè lasciar, che talor preda divegna
     De’ lor denti arrotati,
     E disiri infocati.
     Che di lor stuolo grosso,
     Macchinando rampogne,
     Bisbigliando menzogne,
     Incontra me s’è mosso.
8          Se non che fui ben certo,
     Dopo tante tempeste,
     Di goder del Signor i dolci beni,
     Mentre ancor viverò in corporea veste,
     Sconsolato sarei morto e diserto.
     A Dio fermo t’attieni
     E ’n lui tutto sostieni:
     Ch’al tuo doglioso core
     Darà franca baldanza
     Ed invitta costanza:
     Spera pur nel Signore.


SALMO XXVIII.

1          Signor, non restar cheto,
     Mentre ch’a te pietosamente grido:
     Dammi, o mia Rocca eccelsa e schermo fido,
     L’aiuto consueto.
     Che negletto talor non sembri quelli,
     Che scendon negli avelli.
2          La fioca voce ascolta
     Del mio dirotto ed angoscioso priego,
     Con che le doglie a te del cor ispiego;
     Con la faccia rivolta,
     Le palme aperte a quell’arcana seggia
     De la sacra tua reggia.
3          Non voler trarmi in giuso,
     Con que’ cui il mal oprar diletta e giova,