Dio mi sostenne il piè, che non mancasse.
E ’n libertade mi rimise e pace:
Perchè me, servo suo, gradir gli piace. 8 Del mio leal oprar mi diè mercede,
E degno guiderdon di pure mani.
Ch’a trasandar giammai non torsi il piede
Da’ calli del Signor, diritti e piani:
Nè venni men de l’obbligata fede.
N’unque mi fur dagli occhi, o cor lontani
I detti sui, per cui mi reggo intiero,
Ed affreno ogni mio folle pensiero. 9 Così del ben oprar mi guiderdoni,
E di man pure, che nel tuo cospetto
Ebbi tuttor, il caro premio doni.
Al cor pietoso, di pietoso affetto
Largo ti mostri, ad alti paragoni.
Intiero sei verso l’intiero petto,
Puro col pur: ma l’uom storto e ribello,
Di se ti prova al par ritroso e fello. 10 La gente salvi afflitta e dolorosa:
Deprimi l’inarcate ciglia altere:
Arde per te mia lampa luminosa:
Mi volgi in chiaro dì le notti nere.
Per tua forza vittrice e poderosa,
I’ vaglio dissipar le folte schiere.
M’infonde tua virtù sì franco ardire,
Che m’è su l’erto mur lieve il salire. 11 Del sant’oprar perfetta è la maniera
Di Dio, e ’l parlar d’ogni cimento a prova.
E scudo egli è, contra percossa fiera,
A chi riporre in lui la speme giova.
Qual eterna deità, qual rocca vera,
Dal Dio nostro e Signor infuor si trova?
D’intrepido valor mi cinge il petto,
E d’intoppi il cammin mi sgombra netto. 12 De’ cervi fa ch’agguaglio la rattezza,