A cupidigia cieca,
Ad esso vanto arreca.
Sdegna, fello di cor, di faccia altero,
L’alto Signor, nè dassi alcun pensiero. 3 Nel cupo chiostro rio
Del cor, forma e raggira
Quel concetto fellon, che non v’è Dio.
Sozzo è il costume, e dira
La voglia, è altrui nociva.
E la tua legge diva,
Alta gli è sì, che’ tuo’ giudizi santi
Non mira, o posti a se gli scorge innanti. 4 Gonfio d’orgoglio il core,
Vaneggia e pur se ’l crede,
Che’ nemici al sbuffar d’un soffio fuore,
Sconfitti, star in piede
Non gli potranno a petto.
In sè volve tal detto:
Dal gran stato dar crollo omai non posso,
Unque non fie che mal mi caggia addosso. 5 Bestemmie, empi spergiuri,
A piena bocca sgorga.
Nè mai disserra i falsi labbri impuri,
Che sotto ’l vel non porga
Del ver, inganni e frodi.
In vari occulti modi
Sotto la lingua iniquitade alberga:
Dietro a concio parlar danno s’atterga. 6 Per le ville, guardingo,
Insidiando, guata.
A l’uom giust’in oscur luogo solingo,
Repente morte ha data.
Dal suo ricetto cieco,
Il pover, d’occhio bieco,
Spia, imitando i modi, e ’l fiero stile,
D’agognante leon, nel suo covile.