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salmo ix. 13

     Nè per memoria più traccia sen scerne?
     Ma, nel gran tribunale,
     Senza posa, nè fin, il Signor siede.
     Di giustizia fermò quell’alma sede:
     Quivi sentenzia il mondo universale,
     Dando a tutti mercede a’ fatti uguale.
4          Al tristo poverel darà, pietoso,
     Qualor sarà distretto,
     Alto e sicur ricetto,
     D’ogni assalto mortal salvo e nascoso.
     Color, cui del tuo Nome glorioso
     Palesi i pregi festi,
     Quindi, Signor, d’aver in te fidanza,
     Consolati, prendran lieta baldanza.
     Che que’ ch’han dietro a te gli spirti desti,
     Lasciati unque non son diserti e mesti.
5          Chiara ne voli in salmi, suoni e canti,
     Del gran Signor la lode,
     Che d’abitar si gode
     Del monte di Sion i gioghi santi.
     Fra le genti a narrar gli eterni vanti
     Di sue mirande prove
     Nessun fedel si rechi lento, o scarso.
     Che l’obliato già del sangue sparso
     Merto egli rende, con vendette nuove,
     Nè ’l gridante meschin da sè rimuove.
6          Di me pietà, caro Signor, ti vegna,
     Ch’al salir da le porte
     Di tenebrosa morte,
     Di salute e favor m’alzi l’insegna.
     De l’empio orrendo strazio ti sovvegna,
     Che da’ nemici sento.
     A fin ch’abbia da far tue laudi conte,
     Fra ’l popolo fedel nel sacro monte.
     E, festante, sonar dolce concento,
     Liberato per te d’indegno stento.