Nè per memoria più traccia sen scerne?
Ma, nel gran tribunale,
Senza posa, nè fin, il Signor siede.
Di giustizia fermò quell’alma sede:
Quivi sentenzia il mondo universale,
Dando a tutti mercede a’ fatti uguale. 4 Al tristo poverel darà, pietoso,
Qualor sarà distretto,
Alto e sicur ricetto,
D’ogni assalto mortal salvo e nascoso.
Color, cui del tuo Nome glorioso
Palesi i pregi festi,
Quindi, Signor, d’aver in te fidanza,
Consolati, prendran lieta baldanza.
Che que’ ch’han dietro a te gli spirti desti,
Lasciati unque non son diserti e mesti. 5 Chiara ne voli in salmi, suoni e canti,
Del gran Signor la lode,
Che d’abitar si gode
Del monte di Sion i gioghi santi.
Fra le genti a narrar gli eterni vanti
Di sue mirande prove
Nessun fedel si rechi lento, o scarso.
Che l’obliato già del sangue sparso
Merto egli rende, con vendette nuove,
Nè ’l gridante meschin da sè rimuove. 6 Di me pietà, caro Signor, ti vegna,
Ch’al salir da le porte
Di tenebrosa morte,
Di salute e favor m’alzi l’insegna.
De l’empio orrendo strazio ti sovvegna,
Che da’ nemici sento.
A fin ch’abbia da far tue laudi conte,
Fra ’l popolo fedel nel sacro monte.
E, festante, sonar dolce concento,
Liberato per te d’indegno stento.