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salmo cxli. 267

     M’accolga grazia certa,
     Qual vespertina offerta.
3          Pon guardia a le mie labbra e non soffrire,
     Che, messe in lor balia,
     Fallin incaute, o per soverchio ardire.
     Chiave a la bocca mia,
     Sempre il tuo cenno sia.
4          Rattiemmi il cor, che non si pieghi al male,
     Nè segua i maledetti
     Nel peccar, cui del tuo voler non cale.
     Nè lasciar che m’alletti
     Esca di lor diletti.
5          Sbattami il giusto e mi sarà favore:
     E me corregga errante:
     Balsamo fie, che non darà dolore:
     E per lui, sospirante,
     Spanderò preci sante.
6          I fier tiranni, di costor rettori,
     Ne la spelonca oscura,
     Abandonati senza difensori,
     Sentìr mia voce pura
     Di fele e di rancura.
7          Giace insepolto il nostro secco ossame,
     Su l’orlo degli avelli:
     Come in ischegge volano e rottame
     Gli schiantati randelli,
     Con scuri e con martelli.
8          Poscia che ’n te, Signor, le luci affiso,
     E ’n te pongo la speme,
     Ogni ripar non fie da te reciso
     A l’alma mia, che geme
     In queste angosce estreme.
9          E mi riscoti da l’insidie e reti,
     Che m’hanno gli empi teso:
     E ’l propio piè ne’ lor lacci segreti
     Avvinto resti e preso,
     Ed io ne scampi illeso.