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salmo cxxxviii. 263

     Ciò ch’ad oprar hai tolto,
     Per me compi, Signore.
     L’eterno tuo favore
     Unque non fie da l’opra tua rivolto.


SALMO CXXXIX.

1          Di me, Signor, saggio facesti e prova,
     Ed hai de l’esser mio contezze vere:
     Tu scorgi il mio levar e ’l mio sedere,
     Da lunge vedi ciò che ’l cor si cova.
2          I passi e l’orme mie spiando aggiri,
     E ’l segreto investighi ermo ricetto
     Del mio posar, ed hai l’uso perfetto
     Quai di me sono gli andamenti e giri.
3          Il concetto pensier, anzi che ’l spieghi
     La lingua, t’è palese e manifesto.
     Addosso a me la man avventi presto:
     Davanti e dietro ogni scampar mi nieghi.
4          Cotanto è il tuo saver meraviglioso,
     Che volerlo schivar indarno fora.
     Eccelso è sì, d’ogni misura fuora,
     Ch’a te m’arrendo, e contrastar non oso.
5          U’ fuggirò da la divina mente,
     O involerommi a’ tuoi riguardi santi?
     Se salgo al ciel tu mi ti pari innanti,
     S’entro sotterra quivi se’ presente.
6          Se con le penne dell’aurora imprendo
     Gir abitar del mar a’ stremi lidi,
     Quivi pur fie che mi governi e guidi,
     E la tua man m’arresterà fuggendo.
7          Se pur talor in van pensier ragiono,
     M’ingombrerà di notte il nero manto;
     Esposto a’ raggi del tuo volto santo,
     Di mera luce attorniato i’ sono.