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salmo cxix. | 237 |
39 Fammi di grazia il don, afin ch’i’ viva,
Che ’l tuo precetto m’è caro diporto.
Confuso sie chi mi sovverte a torto,
Ed io mediterò tua Legge diva.
40 A me si volgan tutti i tuo’ devoti,
Che del tuo santo ver hanno ’l sapere.
A tue leggi il mio cor di voglie intere,
Risponda sì, che d’onta mi riscoti.
Caph.
41 Bramando tua salute i’ vengo meno:
Pur ho la speme al tuo parlar eretta.
La mia vista al tuo dir langue diretta:
Quando fie omai, che mi consoli a pieno?
42 Macero son, qual otro grinzo al fumo,
Pur tue leggi in fedel memoria servo.
Quanti giorni assegnasti a me tuo servo?
Da te giudizio aspetto e mi consumo.
43 Teso i superbi m’han lacci ed insidie,
Senza curar di te l’alto divieto.
Ma pur verace è il tuo divin decreto:
Porgimi aiuto contra lor perfidie.
44 Quasi diserto m’han ed atterrato:
Ma i tuo’ precetti non però disuso.
Deh fa ch’i’ viva e che risorga in suso,
E serverò ogni tuo sacro mandato.
Lamed.
45 In eterno il tuo dir saldo dimora,
Là su nel cielo fisso e stabilito:
Nè l’effetto sen vede unque fal[lit]oFonte/commento: ed. 1664:
Come fondasti il mondo è fermo ancora.
46 Nulla da’ tuoi santi ordini tra[s]andaFonte/commento: ed. 1664,
Ch’al tutto norma al divin cenno pone.
Presso che m’accorò l’afflizione:
Ma tua Legge mi fu gioia ammiranda.