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salmo lxxviii. 151

     E trasse di prigion e lunghi esigli
     L’eletta gente in alma libertade.
     E qual greggia d’agnelli pianamente
     Ei la guidò per lo diserto ardente.
26          A salvamento pel cammin gli scorse
     E gli affidò d’assalti e di spaventi,
     E ’l mar ne l’onde i lor nemici assorse.
     E quindi, appresso molti errori e stenti,
     Nel monte e ne’ confin die’ lor riposo,
     Ch’ei conquistò col braccio valoroso.
27          E dal cospetto lor in fuga e bando
     Mise le genti abbominande e felle:
     Ed Israel in pace trionfando,
     Rendè signor di lor contrade belle:
     E ne le natìe lor antiche stanze
     Fecegli aver posate dimoranze.
28          Ma pur ancor l’alto Signor a sdegno,
     Con tentarlo incitò l’infida schiatta:
     Nè volle star de le sue leggi al segno,
     E ’ndietro s’è da lui ribella tratta:
     Per seguitar con atti iniqui ed empi,
     De’ suo’ maggiori gli esecrandi esempi.
29          Come l’arco talor, sconcio e fallace
     Sbieca e schernisce de l’arcier la mira;
     Quella a la prova non uscì verace.
     A geloso furor lo mosse ed ira;
     Celle ed altari ergendo a creature,
     Ed adorando gl’idoli e sculture.
30          Queste cose il Signor vide ed udìo,
     Ond’egli fu sì fieramente irato,
     Che sdegnoso Israel da se sbandìo:
     Abandonando il Padiglion sagrato,
     La Tenda che ’n Silo piantata avea,
     Ove abitar fra gli uomini solea.
31          E nel poter del fier nemico insano
     Diede il suo soglio ed Arca gloriosa,