E trasse di prigion e lunghi esigli
L’eletta gente in alma libertade.
E qual greggia d’agnelli pianamente
Ei la guidò per lo diserto ardente. 26 A salvamento pel cammin gli scorse
E gli affidò d’assalti e di spaventi,
E ’l mar ne l’onde i lor nemici assorse.
E quindi, appresso molti errori e stenti,
Nel monte e ne’ confin die’ lor riposo,
Ch’ei conquistò col braccio valoroso. 27 E dal cospetto lor in fuga e bando
Mise le genti abbominande e felle:
Ed Israel in pace trionfando,
Rendè signor di lor contrade belle:
E ne le natìe lor antiche stanze
Fecegli aver posate dimoranze. 28 Ma pur ancor l’alto Signor a sdegno,
Con tentarlo incitò l’infida schiatta:
Nè volle star de le sue leggi al segno,
E ’ndietro s’è da lui ribella tratta:
Per seguitar con atti iniqui ed empi,
De’ suo’ maggiori gli esecrandi esempi. 29 Come l’arco talor, sconcio e fallace
Sbieca e schernisce de l’arcier la mira;
Quella a la prova non uscì verace.
A geloso furor lo mosse ed ira;
Celle ed altari ergendo a creature,
Ed adorando gl’idoli e sculture. 30 Queste cose il Signor vide ed udìo,
Ond’egli fu sì fieramente irato,
Che sdegnoso Israel da se sbandìo:
Abandonando il Padiglion sagrato,
La Tenda che ’n Silo piantata avea,
Ove abitar fra gli uomini solea. 31 E nel poter del fier nemico insano
Diede il suo soglio ed Arca gloriosa,