Nè gli distrusse, e ’l suo cruccio focoso
Spense o in parte allentò molte fiate.
E ricordossi ch’eran carne frale,
Fiato che passa e ritornar non vale. 20 Oh, quante volte nel diserto e quante
Lo provocaro ad ire e sdegni acerbi?
Quante il suo queto e placido sembiante
Intorbidàr co’ lor fatti superbi?
Spesso il tentàr, ed a l’opre divine
Del santo d’Israel poser confine. 21 Nè servar quell’eccelsa mano a mente,
Con che scampogli da lo sforzo ostìle:
E’ prodigi che fe’ l’Onnipotente
In Egitto e Soan, tenner a vile:
Quando in sangue cangiò lor fiumi e rivi,
E d’umor fegli e di bevanda privi. 22 E contr’essi mandò nuvoli folti
Di bestiuole voraci e sozze rane,
Da tenergli in affanni e morte involti.
A’ bruchi e grilli diè mangiar lor pane:
Le viti lor, con le gragnuole infeste,
Ed i fichi guastò con le tempeste. 23 E disertò le lor gregge ed armenti,
Dal ciel piovendo un nembo grandinoso,
Misto di lampi e fulmini roventi.
Contra loro avventò foco angoscioso
D’ira, sdegno e furor, con doglie estreme:
Spirti maligni a gran caterve insieme. 24 E quell’atroce traboccata piena
Trascorrer fe’ senza ritegno o schermo:
Nè gli scampò da l’ordinata pena
Di morte, e fulle ogni ripar infermo.
E fra i loro vibrò sparsi animali,
Di peste e morbi avvelenati strali. 25 E percosse d’Egitto i primi figli,
Nati nel fior de la paterna etade.